Siamo abituati a pensare alla nostra voce come qualcosa di immutabile, finito e formato una volta adulti. Ma se ci fermassimo ad ascoltare bene la nostra voce, scopriremmo che essa è in realtà in continuo mutamento. Ogni suono che produciamo, infatti, è influenzato dal nostro stato emotivo ed energetico, oltre che da tutto ciò che viene dal passato e che ci ha portato alla nostra voce di oggi.
La nostra voce è stata forgiata dalla nostra storia individuale, dai nostri pensieri e sentimenti ma anche dagli altri, dalle loro parole e dall’influenza che hanno avuto su di noi. Essendo frutto delle nostre esperienze, la nostra voce è sempre “autentica” ma spesso non riusciamo ad essere completamente consapevoli di tutto ciò che portiamo dentro di essa, del bagaglio, talvolta ingombrante, che ci impedisce di liberarla.
Eppure è in questa consapevolezza che risiede l’opportunità di essere davvero “autentici” con noi stessi e con gli altri su chi siamo adesso, semplicemente ascoltandoci.
La nostra voce infatti ci dice molto sul nostro stato psicofisico. Una mascella serrata, un addome contratto influenzano il suono della nostra voce, del nostro canto e rivelano tensioni. Attraverso la voce e attraverso il canto, è possibile liberarsi dal peso di emozioni inespresse o a lungo represse, da blocchi del proprio passato. È questo che fa il canto quando diventa espressione del sé e terapia, perché il canto quando è autentico, è liberatorio se gli si concede di esserlo, se ci si affida ad esso, se lo si ascolta.
Molti allievi di canto arrivano a lezione lamentando di sentire come se la loro voce fosse bloccata, impossibilitata a liberarsi, a vibrare e risuonare. E spesso è così. Il blocco risiede all’interno, in un io che deve ancora scoprire tutto il suo potenziale e accoglierlo, abbandonando le resistenze, le maschere, i muri, le catene per divenire autentico, libero.
Purtroppo non siamo consapevoli fino in fondo dei condizionamenti che abbiamo ricevuto sin da piccoli, fin quando non ci ascoltiamo realmente. La paura di produrre suoni sbagliati, sgradevoli o inappropriati è una delle prime barriere da abbattere perché per scoprire la propria voce bisogna sperimentare, andare alla ricerca dei suoni e del suono, il proprio.
Citerò solo uno dei primi condizionamenti sulla voce che riguardano tutti.
Quando un bambino urla di gioia, nel gioco o quando piange gli si dice di stare zitto, di non essere maleducato, di abbassare la voce specie se si trova in pubblico e se da un lato questo gli consente di vivere in una società civile, dall’altro il bambino impara che esistono suoni giusti e altri sbagliati. Il bambino viene di fatto condizionato a modulare la voce affinché non arrechi disturbo. Questo rappresenta un primo condizionamento.
Sin da bambini apprendiamo che ci si può esprimere ma solo in un modo che sia accettato dalla società, che non sia fastidioso e, se ci pensiamo, “primitivo”. La voce viene vista da subito come un veicolo di possibile fastidio, se non usata in modo appropriato. Si impara in una parola a Reprimersi. Ma cos’è che stiamo imparando a reprimere insieme alla voce? Le emozioni. Dobbiamo, sin da piccoli, imparare a reprimere le emozioni e a contenerle, se vogliamo vivere in una società civile e non sugli alberi come delle piccole scimmie urlatrici!
Il punto è proprio questo per vivere in società dobbiamo rinunciare ad una parte di noi che è quella primitiva, quella più antica a favore dell’educazione. Il canto però ha bisogno di quella parte istintiva e primordiale, ha bisogno di tutta la gamma di emozioni per vivere ed esprimersi, per poter finalmente liberare la voce a lungo condizionata. Pensiamo a cantanti rock come Patty Smith o Janis Joplin. In loro quella parte “primitiva” si esprime liberamente attraverso la voce.
Chi arriva a lezione di canto ha spesso la paura di sperimentare nuovi suoni a causa dei condizionamenti di cui sopra, e spesso non riesce a mettersi in gioco, a liberarsi da questa “paura”, non riesce ad esprimersi liberamente temendo di produrre un volume troppo elevato o un suono che arrechi fastidio, in un costante tentativo di controllare la propria voce.
Molto del lavoro che si fa sul proprio strumento è liberarsi dalla mania del controllo, non sulla voce ma sulle emozioni, sull’espressione del sé di cui la voce si fa veicolo.
Giovanna Bussandri
Se vuoi intraprendere un percorso alla riscoperta della tua Vera Voce scrivimi pure a: sonamomusic@gmail.com
Molto bello e anche filosofico!